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mercoledì 29 dicembre 2021

Vanexa-“The Last in Black”: commento di Fabio Rossi

 


Commento di Fabio Rossi 

Artista: Vanexa 

Genere: Heavy Metal

Album: The Last in Black 

Anno: 2021 

Casa discografica: Black Widow Records 

Tracklist: 

1. The Last in Black
2. My Grave
3. Earthquake
4. No Salvation
5. Perfect!
6. Armless
7. Dr. Strange
8. Dead Man Walking
9. Like a Mirage
10. I Don’t Care
11. Hiroshima
 

Lineup: 

Andrea "Ranfa" Ranfagni (Voce)
Pier Gonella (Chitarre)
Artan Selishta (Chitarre)
Sergio "Dr. Schafausen" Pagnacco (Basso)
Silvano Bottari (Batteria)

Lo scopo dell’arte della musica è quello di sapere generare sensazioni nell’animo dell’ascoltatore. Se qualsiasi compositore (non è rilevante il genere proposto) riesce in questo, ha centrato il suo obiettivo primario.

Ho ascoltato per la prima volta “The Last in Black su Spotify, consigliato del batterista Silvano Bottari. Ho avuto il piacere di conoscerlo all’edizione di quest’anno del Music Day a Roma. Entrambi avevamo il banco di esposizione e il suo era a fianco al mio.

Fabio Rossi e Silvano Bottari

Era mattina presto, faceva freddo, mi stavo recando all’Hotel Mercure Roma West dove si teneva la seconda giornata della manifestazione e nel tragitto mi sono immerso nella musica dei Vanexa.

Sono bastate poche note della title track posta in apertura di questo lavoro e nella mia mente ho formulato esattamente questo pensiero: “Mi sento a casa mia!”. Già, perché quel tipo di metal, il “true” heavy metal, mi ha letteralmente catapultato a quarant’anni fa, quando m’inebriavo ascoltando Judas Priest, Iron Maiden, Saxon e compagnia bella. Una meraviglia piacevolissima che mi ha accompagnato per tutto il percorso.

All’arrivo all’Hotel, ho abbracciato Silvano e gli ho detto “Grazie! Mi sono sentito davvero a casa mia” e lui era visibilmente emozionato. Ecco, mi rivolgo soprattutto ai giovani, è in tal modo che si vive l’amore per l’universo delle sette note. Ovviamente, ho acquistato il vinile, peraltro una splendida confezione, perché Spotify e Youtube sono utili, ma se si vuole contribuire a sostenere il movimento bisogna continuare a comprare CD e LP. Ricordatevelo sempre. The Last in Black segue cronologicamente Too Heavy to Fly, risalente al 2016, e la line up è rimasta la medesima.

Del nucleo originario di questa storica formazione, la prima a importare l’Heavy Metal in Italia con lo storico debut album Vanexa del 1983 contenente l’hit Metal City Rockers, è rimasto oltre a Bottari, il bassista Sergio "Dr. Schafausen" Pagnacco. Le due sei corde sono di pregevole livello sia in fase di riffing che di assolo; Artan Selishta e Pier Gonnella che, per chi non lo sapesse, fa anche parte di un gruppo progressive/sperimentale denominato La Compagnia del’Es che accompagna la cantante e polistrumentista Paola Tagliaferro, sono sinonimi di garanzia.

I Vanexa con la modella presente nella copertina del disco

L’ugola di Andrea "Ranfa" Ranfagni convince sia nei pezzi arcigni che in quelli più melodici. Da sottolineare una cura quasi maniacale riguardante la qualità del sound che si presenta cristallino e curatissimo in ogni suo particolare.

Dal punto di vista prettamente musicale, il disco ricalca sostanzialmente le orme del precedente, sebbene si noti una certa volontà nella ricerca di nuove direzioni: un aspetto encomiabile atteso l’illustre passato del combo ligure che poteva limitarsi a riciclarsi all’infinito. Si è prescelto, quindi, un percorso con approcci diversi tesi all’esplorazione di territori meno battuti come l’andamento a tratti orientaleggiante della lunga e versatile Armless, a mio parere la perla di quest’album, l’atmosfera rarefatta che introduce l’andamento precipuamente heavy di Eartquake, nonché, in generale, il maggior utilizzo della chitarra acustica rispetto al passato.

Se My Grave e No Salvation ci presenta il lato duro della band, le ballate Perfect e Dead Man Walking gli fanno da contraltare dimostrando la duttilità della band. Ottimo il refrain di Like a Mirage e di Dr. Strange di marverlliana memoria; gradevole l’hard rock posto alla base di I Don’t Care e mirabile il rifacimento della conclusiva dirompente Hiroshima precedentemente inserita su Back to the Ruins del 1988, qui riproposta in una veste nettamente migliore. Che altro aggiungere. Ho inserito The Last in Black tra i migliori dieci dischi metal del 2021. Beh, che aspettate ancora, non vi basta, andate a procurarvelo!      







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