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sabato 31 dicembre 2022

La personalissima e tradizionale classifica di fine anno redatta da Francesco Pullè

 


Immancabile come la terza rata TARI arriva il tradizionale listone riassuntivo di gradimento, redatto come al solito a fine anno da Francesco Pullé che afferma:

Ormai siamo talmente pieni di classifiche, tier list e best of, mentre i gusti musicali sono qualcosa di talmente relativo, personale, transeunte ed effimero che comincia a sfuggirmi il senso di compilare tutti questi elenchi se non quello di scambiarsi suggerimenti tra amici, un po’ come si faceva in gioventù con le mitiche cassettine…”.

Andiamo a leggere, senza preconcetti!

 

POP ROCK ECC.

Lucrecia Dalt - ¡Ay!


Richard Dawson - The Ruby Cord

Black Country, New Road - Ants from Up There

Sun's Signature - Sun's Signature EP

blak midi - Hellfire

Tatsura Yamashita - Softly

Brian Eno - FOREVERANDEVERNOMORE

Bill Orcutt - Music for Four Guitars

Alex G - God Save the Animals

Kendrick Lamar - Mr. Morale & the Big Steppers

Louis Cole - Quality Over Opinion

The Smile - A Light for Attracting Attention

Mai Mai Mai - Rimorso

Jockstrap - I Love You Jennifer B

Beyoncé - Renaissance

SAULT - Air

Björk - Fossora

Cate Le Bon - Pompeii

Weyes Blood - And in the Darkness, Hearts Aglow

Carl Stone - Wat Dong Moon Lek

 

JAZZ

John Scofield - John Scofield


Mary Halvorson - Amaryllis /Belladonna

Brad Mehldau - Jacob's Ladder

Binker & Moses - Feeding the Machine

Makaya McCraven - In These Times

Kurt Rosenwinkel - Berlin Baritone

OWL Trio with Kurt Elling - Life of the Party

Nduduzo Makhathini - In the Spirit of Ntu

Kokoroko - Could We Be More

Melody Gardot - Entre eux deux

Sun Ra Arkestra - Living Sky

Moor Mother - Jazz Codes

The Comet Is Coming - Hyper-Dimensional Expansion Beam

Cécile McLorin Salvant - Ghost Song

Nicholas Payton - New Standards Vol. 1

Miles Okazaki - Thisness

Immanuel Wilkins - The 7th Hand

Bill Frisell - Four

Julian Lage - View with a Room

Steve Cardenas / Ben Allison / Ted Nash - Healing Power: The Music of Carla Bley

 

CLASSICA

Mozart - The Piano Sonatas (Robert Levin)


Mahler - Symphony No 9 (Bavarian Radio Symphony Orchestra, Sir Simon Rattle)

Sean Shibe - Lost & Found

Christopher Tin - The Lost Birds

Vikingur Ólafsson - From Afar

Heinz Holliger - Lunea (Christian Gerhaher)

Bach - Matthäus-Passion (Pygmalion, Raphaël Pichon)

Frederic Hand - Across Time

Silvia Tarozzi & Deborah Walker - Canti di guerra, di lavoro e d'amore

Beethoven-Liszt, Mozart-Alkan - Symphony No. 3, ‘Eroica’, Piano Concerto No. 20 (Paul Wee)

Schubert - Symphonie Inachevée N. 8, Grande Symphonie N. 9 (Le Concert de Nations, Jordy Savall)

Beethoven - Symphony No. 6 "Pastorale" and Op. 1, No. 3 (Emanuel Ax, Leonidas Kavakos, Yo-Yo Ma)

Bach - Mass in B Minor (Akademie für Alte Musik Berlin, RIAS Kammerchor, René Jacobs)

Beethoven - The Late Sonatas Opp. 101 & 106 (Maurizio Pollini)

Szymanowski - Piano Works (Krystian Zimerman)

Donizetti / Rossini - French Bel Canto Arias (Lisette Oropesa)

Brahms / Dvořák - Symphony No 1, 8 Hungarian Dances, Symphony No 6 (Bamberg Symphony Orchestra, Jakub Hrůša)

Beethoven, Schimann, Franck - Renaud Capuçon e Martha Argherich

Handel - Amadigi (Early Opera Company, Christian Curnyn)

Beethoven - The Symphonies (Chamber Orchestra of Europe, Yannick Nézet-Séguin)


RISTAMPE, LIVE, ANTOLOGIE ECC.

Robert Fripp - Exposures

 


Albert Ayler - Revelations

The Fall - [1970s]

Wilco - Yankee Hotel Foxtrot

Pink Floyd - Animals

Frank Zappa - Waka/Wazoo

Paolo Conte - Live at Venaria Reale

Rolling Stones - El Mocambo 1977

Ornette Coleman - Genesis of Geniu

Jeff Parker ETA IVtet - Mondays at The Enfield Tennis Academy

the Microphones - Completely Everything 1996-2021

The Flaming Lips - Yoshimi Battles the Pink Robots

Francesco Guccini - Radici

David Bowie - Divine Symmetry

Grateful Dead - Europe 72

John Coltrane - My Favorite Things

John McLaughlin - The Montreux Years

Neil Young - Harvest

McCoy Tyner / Freddie Hubbard Quartet - Live at Fabrik, Hamburg 1986

Anthony Phillips - Archive Collection Volume I & II


Concordiamo su qualche album?







giovedì 29 dicembre 2022

The Aeon-"The Baphomet Dream", commento di Fabio Rossi


Commento di Fabio Rossi

Artista: The Aeon

Album: The Baphomet Dream

Genere: Dark Rock

Anno: 2022

Casa discografica: Black Widow

Tracklist

1.           Tears of Atum

2.           Witches’ Sabbath

3.           The Procession

4.           The Baphomet Dream

5.           Ouroboros

6.           Dream Within a Dream

7.           Orobas

8.           The Wood

9.           Nyalathotep

10.      Void of Time

 

Line Up

Aimo Huikka (Mandolin, Jew’s Harp)

Anna-Kaisa Kettunen (Lead Vocals)

Antti Saarilampi (Bass, 12-string guitar, Keyboards)

Lauri Sallamo (Percussion, Moroccan Gemshorn)

Matias PTapaninen (guitar)

Mau Jarvinen (Violin, Yaubahar, Glockenspiel)

Guests:

Antti Napankangas (Trombone)

Fanny Riekki & Joho Ljokkoi (Vocals)

Jesse Heikkinen (Electric guitar)

Samppa Aarinen (Uilleann Pipes)

Tejo Klemettila (Cello)

Toni Kandelin (oration)

 

I The Aeon provengono dalla Finlandia e con The Baphomet Dream sono giunti al loro secondo album dopo il confortante Songs Of The Great Beast, ispirato al famoso esoterista Aleister Crowley e uscito cinque anni fa. 

La musica del gruppo si sviluppa attraverso un dark rock con marcati riferimenti al folk e alla psichedelia. Il sound è umbratile, crepuscolare, sognante in cui a rifulgere come una stella in mezzo al cielo è la voce suadente e cristallina di Anna-Kaisa Kettunen. Come Virgilio con Dante, la Kettunen ti accompagna nei meandri di mondi sconosciuti, atmosfere oniriche, evocative, talvolta ariose e dinamiche (Orobas), e con fervore rammenta le tradizioni e le credenze popolari che sembravano perdute nei meandri del tempo. L’atmosfera è soffusa, eterea, sepolcrale (le brevi strumentali The Procession e Ouroboros in particolare) dove a primeggiare sono gli strumenti acustici come in Dream Within A Dream e nella conclusiva Void of Time

L’ipnotica title track dalla durata di circa nove minuti costituisce il pezzo forte del disco grazie a una chitarra lisergica che richiama certi stilemi cari al rock psichedelico. I riferimenti a scrittori come Edgar Allan Poe (Dream Within A Dream) e Howard Philip Lovecraft (Nyarlathotep) possono essere d’ausilio al lettore per comprendere quale aria si respira approcciando a un siffatto lavoro dove le tenebre, il mistero, la tristezza la fanno da padroni.

Un prodotto affascinante e complimenti alla casa discografica genovese Black Widow per essersi accaparrati una formazione scandinava di ottimo livello qualitativo.

Psychedelic Occult Experience questo è il loro motto!




lunedì 26 dicembre 2022

Massimo Pieretti - "A New Beginning", commento di Fabio Rossi


Commento di Fabio Rossi

Artista: Massimo Pieretti

Album: A New Beginning

Genere: Post Rock

Anno: 2022

Casa discografica: Autoptodotto


Tracklist

1. Intro 02:45

2. Oh Father 03:24

3. In November 03:48

4. Growing Old 04:27

5. Is It That Girl Right? 02:46

6. Out of This World 02:46

7. Interlude 01:09

8. Things To Live and To Die For 03:46

9. Family and Business 03:10

10. A New Beginning Part A - Looking for the Best 01:57

11. A New Beginning Part B - The Only Way You Can Be 02:24

12. I Hope You Will Always Be Here With Me 04:01

13. Intro Reprise 01:40

14. In November (versione acustica) 03:14

15. Things To Live and To Die For (versione acustica) 03:19

 

Line Up

Massimo Pieretti - Pianoforte, piano elettrico, organo, synth, programmazione, samples & backing vocals


Special Guest:

Ray Weston, Kate Nord, Germana Noage, Marco Descontus, Lorenzo Cortoni, Daniela Papale, Daniela Del Ponte, Francesca Pelliccia, Nikeef, Ciro Afeltra, Elena D'Angelo, Maria Chiara Rocchegiani  - Vocals;

Ivan Avicolli, Gianni De Chellis, Roberto Falcinelli, Luigi Pistillo, Mauro Rosati - Guitars;

Stefano Azzolina, Elena Laurenti, Gianni Pieri - Strings

Marco Orfei - Woodwinds;

Riccardo Sandri - Mellotron;

Gianluca Del Torto, Fabrizio Russo, Emanuele Zazzara - E. Bass;

Alessio Palizzi, Leonardo D'Angelo - Drums;

Matteo Santi - Percussioni.

Il musicista romano Massimo Pieretti ha pubblicato in regime di autoproduzione il suo debut album intitolato A New Beginning. Si tratta di un ambizioso concept avente come tema centrale la nostra società, osservata e analizzata attraverso le esperienze personali dell’autore.

È palese che lo sconvolgimento avuto dalle nostre vite a causa della pandemia, sia stata fonte di profonde riflessioni da parte di Massimo sull’umanità e sul senso dell’esistenza, portandolo, infine, a partorire questo brillante progetto. Avvalendosi della collaborazione di una pletora di valenti artisti, A New Beginning è un lavoro sorprendente sotto tutti i punti di vista, tenendo bene a mente che si tratta di un’autoproduzione. La sua qualità complessiva, infatti, è elevata da non avere nulla da invidiare a tanti blasonati prodotti sfornati dalle case discografiche più note.

Mixato e masterizzato da Francesco Mattei e dallo stesso Pieretti presso lo studio Underworld sito a Casperia, in provincia di Rieti, l’opera include quindici brani di pregevole fattura compositiva arrangiati in maniera sublime. La particolarità che più mi ha colpito è il sound che definire perfetto è mero eufemismo. Massimo ha investito molto dal punto di vista economico su questa sua creatura e i risultati sono eccezionali a partire dalla copertina e dalle illustrazioni curate da Maria Serra. L’inserimento della musica in un genere specifico non è semplice, atteso che l’ascoltatore più attento coglierà molteplici sfumature che spaziano nell’universo delle sette note rendendo ogni singolo pezzo sfuggente a qualsivoglia collocazione. Questo è un segno distintivo della vasta esperienza di Pieretti in grado di destreggiarsi con naturalezza dal prog, al jazz, alla classica, al rock, all’avanguardia, al pop mantenendo dei connotati generali lineari e mai arzigogolati. In A New Beginning non c’è autocelebrazione, della seria “guarda come sono bravo”, perché l’obiettivo primario è entrare nel cuore della gente attraverso una musica raffinata, romantica e dalle proprietà non comuni. Massimo c’è riuscito in pieno, parlando di sé stesso, dei suoi problemi, delle sue vicissitudini con testi diretti e talvolta crudi. Non ho ravvisato un calo d’ispirazione nemmeno a cercarlo con il lanternino, ogni cosa è al suo posto come la tessera di un puzzle. A New Beginning è solo la prima parte di una trilogia e fortunatamente l’autore sta già lavorando al secondo capitolo che si intitolerà The Next Dream. Purtroppo, debbo segnalare che un’opera di siffatta levatura abbia sinora ricevuto una tiepida accoglienza in Italia, mentre nel resto d’Europa e in America le richieste hanno superato ogni rosea aspettativa: meditate gente, meditate. 


Un paio di ascolti… 

www.youtube.com/watch?v=RwPkYybwPTg 

www.youtube.com/watch?v=ec_MjtnyiO8&list=OLAK5uy_kJ8yQSiA5w0wP2weWpOOrD7-HwRx5uor4






mercoledì 21 dicembre 2022

Il Banco del Mutuo Soccorso nel 1973


L'utopia è là, all'orizzonte.

Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi.

Faccio dieci passi passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi.

Per quanto cammini, mai la raggiungerò.

A cosa serve l'utopia?

Serve a questo: a camminare.

(Eduardo Galeano)

 

21 dicembre

Ci sarai sempre, Buon viaggio Capitano

Wazza



Un piccolo ricordo dal passato che fa capire come sono cambiati i tempi ed anche gli artisti.

Teatro Astoria di Firenze,16 marzo 1973

Siamo fuori dal Teatro, noi i soliti aficionados dei concerti fiorentini di musica pop; con i nostri capelli lunghi, le nostre frange e le nostre collanine multicolori.

Serpeggia un po' di malcontento da parte di una frangia di ragazzi che mal sopportano i gruppi italiani. L'esterofilia era una pratica molto diffusa, oltre che molto stupida, all'epoca.

Arriva il Banco Del Mutuo Soccorso per il concerto pomeridiano. Molti applaudono, tra cui ovviamente io, Francesco "Big" Di Giacomo mi riconosce, si stacca dal gruppo che sta entrando nel Teatro e venendo verso di me mi fa "aho, a' riccioletto, lo sapevo che saresti venuto".

Purtroppo, un gruppetto fischia e batte le mani gridando ..."Van-Der-Graaf, Van-Der-Graaf..." in uno stupido tifo senza senso.

"Big" li guarda, si avvicina e gli chiede il perché. Uno di loro, il più acceso tale Sandro, tra i più ostili verso gli italiani (ed anche tra i più stupidi) gli dice che non spenderebbe le 1.500 lire per vedere una band che, secondo lui, avrebbe tutto da imparare dalle band d'oltremanica.

"Big" gli chiede se ha mai visto il Banco ed alla sua risposta negativa, mette mano alla tasca, tira fuori il portafogli e mette in mano del ragazzo 1.500 lire; "Vieni a sentirci, ti prometto che ti farò cambiare idea!" e tranquillamente torna a parlare con me.

"Big", unico, assolutamente unico.

Gli stupidi di allora e ce n'erano molti, come di lì a poco avrebbero dimostrato, restano consegnati alla storia come tali.

(Silvano Martini)

 




martedì 20 dicembre 2022

Paolo Farina: “Provini per Colombini”, di Alberto Sgarlato

 



Paolo Farina: “Provini per Colombini”

Di Alberto Sgarlato


Proviamo a immaginare le umane vicende come un filo. Nella storia che andiamo a narrare oggi a uno dei due capi di questo filo si trova Sandro Colombini. Nel 1969, a Milano, Colombini fonda l’etichetta discografica Numero Uno, insieme a Lucio Battisti e Mariano Rapetti (padre del paroliere Mogol e nonno del paroliere Cheope).

Nell’ambito del rock progressivo italiano il nome di Sandro Colombini è associato soprattutto ai primi tre album del Banco del Mutuo Soccorso, ad alcune opere della Pfm in momenti diversi della loro carriera e al debutto omonimo dei Maxophone.

Ma è soprattutto nel mondo del cantautorato che Colombini raggiunge le sue vette più importanti, collaborando con nomi del calibro di Bruno Lauzi, Edoardo Bennato, Lucio Dalla, Ron, Antonello Venditti e Lucio Quarantotto (quest’ultimo, tra l’altro, autore di testi per Battiato, Caterina Caselli, oltre che delle liriche della celebre “Con te partirò”, portata al successo da Bocelli).

Dall’altro capo di questo filo troviamo Paolo Farina, che nel 1974 è un giovane artista di belle speranze fermamente intenzionato a fare della musica la sua vita. Così, zaino in spalla e chitarra a tracolla, abbandona la sua Puglia e risale tutto lo Stivale fino alla città Meneghina per incontrare Colombini e sottoporgli alcune sue canzoni.

Certo, il produttore non può fare a meno di notare il talento e la determinazione di questo ragazzo. Eppure, non è convinto da alcuni dettagli: gli sembra che nei momenti più accorati dell’interpretazione la voce si faccia qui e là un po’ sguaiata, che l’accento pugliese prenda il sopravvento, così gli consiglia lezioni di canto e di dizione.

Oggi Farina ricorda così quei momenti: “Vivevo in una vecchia casa di ringhiera al terzo piano senza ascensore, senza riscaldamento e con i servizi igienici sul ballatoio, riuscivo a malapena a conciliare il pranzo con la cena e a coprirmi il minimo per sopravvivere ai gelidi inverni milanesi. Di certo non mi sarei potuto permettere delle lezioni. Però non attribuisco colpe a Sandro che, dal suo punto di vista, aveva ragione; inoltre, frequentandolo assiduamente per tre anni, dal ’74 al ’77, ho imparato da lui tante cose che poi mi sono tornate utili”.

Colombini riconosce del talento autoriale in Farina e questo fa sì che scaturiscano alcune collaborazioni, tra cui la richiesta di un testo per il già menzionato esordio dei Maxophone. Ne nasce “Al mancato compleanno di una farfalla”, ancora oggi uno dei titoli più amati e più ricordati dal pubblico della band.

Gli anni passano, la vita continua. Da una parte Colombini prosegue a lavorare con la sua nutrita scuderia di artisti. Dall’altra Paolo Farina non si disamora certo della musica, al contrario: alimenta costantemente la sua curiosità e la sua sete di conoscere stili e linguaggi di tutto il mondo, confrontandosi con essi. Il progetto Etnoritmo, ad esempio, è un affascinante connubio tra etnica, rock, reggae ed elettronica; con l’opera “Vallone Multiversi”, omaggio alla memoria di Raf Vallone, Farina colleziona premi e riconoscimenti in diversi eventi culturali italiani; la stessa cosa si può dire dei suoi due album “Canzoni in blues”, volume 1 e volume 2, anch’essi apprezzati dalla critica.

Farina ritorna poi al suo primigenio amore per il rock progressivo italiano con l’ottimo progetto Humana Prog e l’album “Fiori frutti farfalle” (già nel titolo si nota una sorta di “continuità storica” con quella canzone scritta per i Maxophone).

Ma quel filo, quel filo di cui avevamo fatto accenno all’inizio dell’articolo, quel filo lungo 45 anni, non si spezza. È infatti il 2020 quando, in piena pandemia, Paolo Farina ritrova le registrazioni di quei demo (che poi la parola “demo” è venuta di moda dopo, negli anni ’80, all’epoca si diceva semplicemente “provini”) che aveva portato con sé in viaggio dalla Puglia a Milano.

Li riascolta, se ne innamora, decide che non possono morire in un cassetto.

Ne nasce quindi un album il cui titolo è già un manifesto programmatico: “Provini per Colombini”. Come a voler dire: “Questo è. Di questo si tratta. Prendere o lasciare”.

Già la copertina è come un morso nel cuore di chi ha amato una certa epoca musicale: vediamo le foto di Paolo Farina all’epoca, ragazzo, con i suoi capelli riccissimi, la sua barba, la sua chitarra acustica. Il tempo le ha scolorite, basterebbero due “colpetti” con Photoshop per tornare a valorizzare i chiaroscuri, le luci e le ombre. Ma è proprio quello che l’autore non vuole: niente alchimie digitali, tutto deve essere schietto e sincero come quei sogni di ragazzo del 1974.

Allo stesso modo la grafica ricorda quella essenziale ma elegante diventata marchio di fabbrica del compianto Gianni Sassi per la sua Cramps Record, con i titoli che sembrano vergati dai colpi di una vecchia macchina da scrivere Olivetti Lettera 22.

I brani, ovviamente, per una questione di qualità sono stati re-incisi, ma con arrangiamenti minimalisti, essenziali, dominati dalla voce dell’autore e “conditi” da piccoli tocchi delle tastiere di Lele Battista (anche curatore della parte milanese delle registrazioni, mentre la parte a Castellana Grotte è ad opera di Giuseppe Mariani), delle chitarre acustiche di Andrea Manghisi e delle percussioni di Sandro Esposito. Accanto a questi collaboratori più o meno fissi in tutte o quasi le canzoni, troviamo poi degli ospiti occasionali nelle varie tracce: Ashanka Sen al sitar, Francesco Cardillo alla chitarra acustica, Mario Conte al flauto, Giuseppe Fiori al basso, Giuseppe Mariani al sintetizzatore e un coro formato da Vincenzo Aversa, Lory Coletti, Carlo Costante, Graziano Schena e Silvia Ignazzi. Il mastering finale è stato effettuato a Milano da Paolo Iafelice.

Ma veniamo dunque alla musica, 12 tracce per 47 minuti complessivi: sicuramente rispetto a quel severo giudizio espresso da Colombini, tante cose sono cambiate. Non c’è dato sapere se nel frattempo, effettivamente, il cantante abbia preso lezioni. Ma negli anni la sua voce si è fatta più gentile, più aggraziata.

La prima traccia, di soli 40 secondi, strappa un sorriso: sembra quasi infatti che affettuosamente l’autore “si prenda un po’ in giro da solo” raccontando, in forma di breve canzone (intitolata appunto “Provini per Colombini”) tutta la storia che abbiamo narrato all’inizio; le cose si fanno più serie con la successiva “Nello spazio di un incontro”, dal sapore un po’ di West Coast, un po’ di Crosby Stills Nash & Young, ma anche con pungenti inserti di organo vagamente doorsiani. La voce, dicevamo: ogni artista fa storia a sé, per cui è veramente difficile fare paragoni. Si potrebbe dire, solo per il timbro acuto, squillante, che Farina potrebbe ricordare remotamente un giovane Edoardo Bennato. Ma mentre il cantautore napoletano ha sempre quel non so che di “acido”, di “arrabbiato”, anche nelle sue canzoni più delicate, l’interpretazione di Farina è molto più “soft”. Sempre facendo slalom tra i paragoni difficili, si potrebbe azzardare un Claudio Rocchi o un Lino Vairetti che canta Bennato.

Ovviamente, essendo un’opera cantautorale, ciò che spicca è la parte testuale. I brani che arrivano di più al cuore sono “Fa presto, treno!”, punteggiata da un delizioso registro di flauti del Mellotron dalla cadenza beatlesiana, una storia di emigranti che, dopo un anno di lavoro, non vedono l’ora di riabbracciare i parenti (Farina, lo ricordiamo, è pugliese, ma quelle emozioni potrebbero essere riferite a tutti i lavoratori calabresi, lucani, siculi, campani che all’epoca si spostavano verso le grandi fabbriche del Nord); oppure “Sai che cos’è”, ironica serie di frecciatine contro i peggiori luoghi comuni della società rivolti alla donna, al patriottismo, alla droga (e quanto è rimasto tutto attuale ancora oggi!); oppure l’autobiografica “Avevo18 anni”; insomma: queste canzoni così intrise a tratti di folk, a tratti di prog acustico, a tratti di psichedelia, colpiscono, impressionano, commuovono.

E si arriva al termine dell’ascolto pensando che sì, alla fine aveva proprio ragione il buon Paolo: sarebbe stato un peccato lasciare quei nastri di provini a decomporsi in fondo a un cassetto. Così oggi, per parafrasare un suo titolo, non siamo qui a piangere “al mancato compleanno di un album cantautorale” ma siamo qui a celebrarne la legittima, seppur tardiva, rinascita.





lunedì 19 dicembre 2022

Limite Acque Sicure – “Limite Acque Sicure”, commento di Evandro Piantelli

 


Limite Acque Sicure – “Limite Acque Sicure”

 Minotauro Records (2022)

Di Evandro Piantelli 


In Italia il progressive rock, nonostante il passare degli anni, non conosce crisi. Almeno dal punto di vista delle uscite discografiche che sono sempre numerose. Oggi parliamo di un gruppo originario di Ferrara: i Limite Acque Sicure. La band si è formata nel 2005 e, per un certo numero di anni (e con l’avvicendamento di alcuni membri della formazione) ha proposto cover dei gruppi più famosi. 

Dal 2016 il gruppo ha trovato la formazione che lo contraddistingue ancora oggi: Antonello Giovannelli (tastiere) e Andrea Chendi (voce) sono presenti nella band fin dagli inizi e ad essi si sono uniti Ambra Bianchi (flauto, arpa e voce), Francesco “Franz” Gigante (basso), Luca Trabanelli (chitarre) e Paolo Bolognesi (batteria). Da quel momento i LAS hanno cominciato a comporre pezzi originali e oggi rilasciano per la Minotauro Records il loro album d’esordio, dal titolo omonimo, formato da sei pezzi nuovi e da una cover (e che cover!).

Il disco si apre con la lunga “Sogno d’Oriente”, la cui introduzione ci fa immergere immediatamente in atmosfere nordafricane e mediterranee dai profumi speziati. Ma ecco che interviene la chitarra elettrica a riportarci verso terreni più conosciuti, mentre il testo della canzone ci parla di migranti, naufragi e globalizzazione. Parole mai banali che ci invitano a riflettere su questo modo che sta cambiando forse troppo velocemente, facendo emergere problemi che il cosiddetto “Occidente” non ha ancora capito (o non vuole capire) e a cui dà risposte insufficienti. Il brano presenta frequenti cambi di tempo, con la sezione ritmica sempre in evidenza. Interessante anche l’utilizzo del flauto che ricama melodie sognanti e l’assolo di chitarra a circa metà del brano che, unitamente all’intelligente e mai eccessivo uso delle tastiere, faranno la gioia degli estimatori del prog.

Il secondo brano, “Terra Straniera”, si apre col pianoforte ed è il pezzo più introspettivo dell’album. Il testo ci parla del senso di estraniamento che a volte si prova non trovando comprensione in chi ci circonda e sentendosi “… uno straniero in terra mia”. Una sensazione che probabilmente molti di noi hanno conosciuto. Anche qui il flauto ricopre un ruolo molto importante, caratterizzando buona parte del lavoro. L’uso del canto a due voci, una maschile e una femminile, risulta particolarmente efficace.

Il respiro dell’anima” inizia come un pezzo quasi funky, per poi proseguire con atmosfere che gli amanti del metal prog apprezzeranno sicuramente. È un pezzo che parla dell’importanza della figura della madre, con le gioie e i dolori che questo pilastro della famiglia si porta dentro nel corso di una vita. Ad un certo punto il brano sembra finito, ma riprende subito con una parte struggente di piano e voce. Il testo di questo brano è particolarmente profondo e toccante (“… noi siamo sangue e materia a ricerca dell’anima …”). Il finale della canzone è quasi epico, con una conclusione che mi ricorda i miei amati Dream Theater.

Antico mare” si apre con una bellissima introduzione in cui si inserisce il cantato. Il testo è incentrato sulla storia delle civiltà che hanno abitato sulle rive del mediterraneo con le guerre, le passioni e gli amori che nel corso di secoli hanno caratterizzato le storie e i miti di greci, romani, egizi. Un brano di largo respiro, con un ottimo solo di chitarra elettrica nel finale.

“Fiamme intorno” è un pezzo dove spiccano l’ottimo drumming di Paolo Bolognesi e l’uso di un organo da chiesa. Nella seconda parte del brano si inserisce il flauto con sonorità che ci rimandano ai britannici Camel.

La cover presente sul disco è “Il giardino del mago”, brano del disco d’esordio del Banco Del Mutuo Soccorso, che non ha bisogno di presentazioni. Il pezzo ci viene proposto in una versione dal vivo, dove i musicisti, pur non allontanandosi molto dall’originale, non cercano di imitare fedelmente il gruppo romano, ma ci offrono un’interpretazione personale ed appassionata, che mantiene alto il livello emotivo di questo caposaldo del prog. Certo, alla voce non c’è BIG, ma la proposta dei Limite Acque Sicure di questo brano storico è ricca di amore e rispetto, che vengono trasmessi a chi ascolta.

L’ultimo brano presente nel CD è la breve “Ti salverà”, un pezzo prevalentemente acustico il cui cui testo è composto da una frase ripetuta più volte come un mantra “… segui sempre la stella che più brillerà … ti salverà …”.

Terminato l’ascolto di questo lavoro posso dirvi una cosa: si tratta di un esordio davvero notevole. Le musiche sono belle e godibili in ogni parte, i testi sono attuali e ricchi di significato. Tutti i membri del gruppo dimostrano di essere ottimi musicisti e caratterizzano col loro suono un’opera godibilissima. Un disco che ho ascoltato e riascoltato con piacere. Se tutte le nuove uscite discografiche di gruppi prog italiani saranno di questo livello, allora non dovremo temere per il presente ed il futuro di questo genere che da oltre cinquant’anni ci regala tante emozioni.


Limite Acque Sicure:

Andrea Chendi voce

Ambra Bianchi flauto, voce e arpa

Antonello Giovannelli tastiere

Luca Trabanelli chitarre

Paolo Bolognesi batteria

Francesco Gigante basso


Limite Acque Sicure tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare) 

1- Sogno d’Oriente (12’48”)

2- Terra straniera (7’53”)

3- Il respiro dell’anima (8’25”)

4- Antico mare (8’02”)

5- Fiamme intorno (10’48”)

6- Il giardino del mago (15’51”, Banco del Mutuo Soccorso)

7- Ti salverà (2’11”)


IMMAGINI DI REPERTORIO


Limite Acque Sicure:

https://limiteacquesicure.it/

https://www.facebook.com/limiteacquesicure

Minotauro Records:

https://minotauro.store/product/limite-acque-sicure/