LAGARTIJA
“Amore di vinile”
La nebbia emiliana e la sua
peculiarità di nascondere i colori ,o perlomeno di renderli affievoliti,
obbliga ad uno sforzo per cercare di coglierli.
Si
è costretti a chiedersi che colore ha il colore ed è la domanda che si pone la
cantante Sara Aliani, attraverso la
sua voce con tono interrogativo e sensuale, la sensualità delle persone
disperate (cit).
I Lagartija riescono a dipingere immagini superando il
blocco solido, seppur sottile, di quella tela bianca, o forse leggermente
grigiastra, che li separa dalle loro intense emozioni alle oggettivazioni delle emozioni stesse.
La nebbia come dato oggettivo o uno stato
dell’anima, una somatizzazione ?
Spesso scelgono di non attraversarla, ma
di utilizzarla e farla propria con dolcezza, in maniera soffusa, originalissima.
I loro brani somigliano a tessiture a
volte semplici, più articolate in altre, con una ricerca mai fine a se
stessa anche della soluzione sonora o del particolare che dona raffinatezza e
stile.
Un tema comune a molti dei brani è una
sorta di intima introspezione che in alcuni casi è cercata e voluta, ma il
pericolo che si coglie è che la ricerca dell’intimo divenga solitudine,
malinconia, struggimento.
L’immagine della cera che sigilla, inizialmente
sembrerebbe un gioco, ma nello sviluppo di
“ Ottobre” sembra testimoniare
quasi la volontà del -o della- protagonista di farsi avvolgere ancora di più da quella nebbia la cui
presenza persiste, che può essere a volte amica o nemica a seconda del mood di ogni canzone.
I suoni, le scelte armoniche e melodiche,
che evocano echi di musica prog arricchita da accordi jazzistici, non
rappresentano il solo sottofondo al
“cantato” e alle relative liriche di Andrea
Poggi, ma emergono in assoluta evidenza dimostrando, nonostante le scelte
di suoni quasi sempre “morbidi”, un senso di unità e di compattezza, insomma, il
sound di una vera “band” che si esprime come tale e che prova a rendere il loro
“se” musicale in maniera univoca.
La quinta traccia, “Fermo”, forse merita un discorso a parte, soprattutto per il testo
e per i termini utilizzati: quinto potere, o mobilitazione… forse in questo
frangente i Lagartija dimostrano la loro voglia di esserci, di non sigillarsi
con la cera, o ricercare sollievo in una sigaretta.
E' risaputo che l’Emilia sappia essere sanguigna, popolare e
molto sensibile a vari temi politici , sociali ecc. E’ possibile che Poggi e la band abbiano nel loro DNA
qualcosa che richiama a quella sensibilità, a quella volontà di partecipazione?
“ Psiche”
è il sesto brano dell’ album, e pur avendo una sua precisa e profonda identità
non si discosta molto dai precedenti. Sembra, dopo averlo riascoltato più volte,
un sunto di tutte le vivissime emozioni che i Lagartja ci hanno offerto nei brani precedenti.
La sofferenza data dall’incertezza
l’angoscia di temere per l’azione o il pensiero dell’immediato futuro .
Andrea per voce di Sara si contraddice
nella sua grande insicurezza, dicendo che la curiosità fa bene ma dopo poche note dice l’esatto contrario.
“La caducità del mio pianto è il seme”, è un’immagine dipinta a tinte forti e
rende, per chi vuole coglierla, la chiarezza e la drammaticità di questo
momento oscuro.
Queste sono parole, le emozioni
raccontate con grande intensità, una sofferenza sempre e comunque molto dignitosa,
quasi mai disperata. Il tutto risulta molto coinvolgente, si ha quasi la
percezione di partecipare a ciò che sta accadendo.
Le sonorità scelte sono piuttosto cupe, ma
coesistono perfettamente con le liriche
della canzone, non potrebbe essere altrimenti. Ma compare anche una nota positiva: il
sole, nemico della nebbia che ha fatto
una sua comparsa e brucia e abbaglia. Che sia un tentativo di una qualche ribellione
allo stato dell’anima?
“Anomalie”
chiude la serie dei brani.
Musicalmente si può definire il brano più
completo, inizia con un leggero arpeggio di chitarra acustica e la voce di
Sara, supportato successivamente dal basso e da qualche tocco lieve di batteria
(parti metalliche ) .
Poi improvviso cambio di ritmo e il brano
si apre, prende corpo, cresce dolcemente con suoni più pieni, tastiere,
chitarra elettrica (?), anche la linea melodica è molto delineata e chiara,
bellissima!
Anche adesso, percorrendo lo stesso
percorso del pentagramma si apprezza la capacità del gruppo di raccontare con
lievità il sentimento della nostalgia per un amore che è stato e che ora non è.
La pioggia riempie le crepe un qualcosa
di vuoto che, appunto non è.
C’è la paura per ogni sguardo, c’è
inquietudine che è il sentimento che ci ha accompagnato per tutto questo percorso.
Tutto è molto coinvolgente, credo che
l’espressione più azzeccata sia “pathos”.
I Lagartija, in spagnolo lucertola un
animale che ama il sole!
In questo loro lavoro credo lo stiano
cercando dentro le loro nebbie reali e
non.
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