Chi se lo ricorda
"El pueblo unido jamàs serà
vencido..", che cantavano gli Inti-Illimani negli anni '70? Se avessimo
fatto tesoro di questo consiglio staremmo meglio tutti!
Gli Inti-Illimani saranno in concerto a Milano il 29 settembre
- Open theatre (Milano Expo)
ingresso gratis
Andate a vederli,
aldilà delle ideologie politiche... sono molto affezionato a questi musicisti,
almeno quelli più anziani, che furono ospitati a Genzano dopo il colpo di stato
in Cile del 1973
Hasta la vittoria
siempre !
WK
Oggi il Cile ha nuovi
simboli, calciatori ricchi e vincenti come Alexis Sanchez e Arturo Vidal, ma
per anni a rappresentarlo è stato un gruppo di musicisti che si trovavano in
tournée in Italia nel 1973, quando nel loro Paese salì al potere la dittatura
militare di Pinochet. Il 29 settembre Expo ospiterà un concerto del gruppo
Inti-Illimani Històrico, in cui militano tre di quei musicisti, separatisi per
divergenze artistiche dall’ex compagno di strada Jorge Coulon, che al momento
si esibisce con una formazione che sfoggia il nome originale. Una settimana
prima, martedì 22, il gruppo suonerà con l’Orchestra Verdi all’Auditorium di
Milano. Abbiamo chiesto a Horacio Salinas, da quasi cinquant’anni direttore
artistico del gruppo, di raccontarci cosa significa suonare quei brani
oggi.
Non è strano che
proprio voi che inneggiavate all’unità vi siate divisi? Forse è vero, ma
diciamo che quando c’è libertà, si possono liberamente prendere
strade diverse, ed è quello che è successo a noi: non andavamo più d’accordo
sulla musica da suonare insieme, quindi è stato giusto divorziare.
E stata l’elettronica a mettervi in
crisi? No, anche perché al mondo c’è ancora grande spazio per la musica
acustica, questo si vede molto bene. Io personalmente come musicista ho una
formazione più classica, da conservatorio, ma ho cercato di capire e
approfondire la musica elettronica, ho anche frequentato Luigi Nono, però non
ho mai avuto una vera curiosità di sperimentare strumenti che non siano
acustici. La prima chitarra elettrica me l’ha messa in mano Bruce
Springsteen.
Davvero? Eravamo sul palco insieme in Argentina, lui
voleva suonare una canzone di Victor Jara, io avevo in mano il tique, strumento
simile al mandolino: prima di cantare ha voluto fare cambio, così mi ha dato la
sua chitarra: un gesto di grande simpatia, ma non sapevo che pesci pigliare.
Lui nel frattempo suonava il tique come fosse la sua chitarra, e ha rotto
qualche corda...
In Italia dopo il grande amore e solidarietà
iniziali a un certo punto c’è stata un pò di insofferenza nei vostri
confronti. Sì, alcuni cantautori si lamentavano, d’altra
parte noi a un certo punto eravamo in classifica, suonavamo nelle arene:
sembrava una moda, ma non voleva esserlo: tutto è cominciato quando, di
passaggio a Milano, abbiamo inciso un disco letteralmente in un giorno, negli
studi di Armando Sciascia. Non c’era nessuna grande etichetta né un movimento di partito dietro. La
cosa curiosa è stata che quando l’Italia iniziò a
disinteressarsi, ricevemmo l’interesse delle rockstar, come Peter Gabriel e
Sting.
Comunque El pueblo unido jamás será vencido la
cantate ancora. Certo: è una bellissima canzone scritta da Sergio Ortega. E
ogni volta ci suscita ricordi fortissimi come quando la sentimmo per la prima
volta, una chiamata all’unità nonostante
venti contrari molto forti. Quella canzone è un documento di un’epoca, e noi dopo tutto siamo nati proprio per
questo, nel 1967, per testimoniare la tradizione musicale sudamericana.
Continuiamo a farlo.
Ma come è cambiato il
Cile, e il mondo sudamericano che cantavate? Il Cile è un Paese che ha ridotto
la povertà e oggi può portare a Expo i suoi prodotti e un’immagine che non è più quella di sopruso di cui noi eravamo simboli nostro
malgrado. E questo sicuramente è bellissimo. Però la povertà è sempre in
agguato, lo sfruttamento continua, solo che non si vedono più soluzioni facili.
Il mondo è quasi al contrario rispetto ad allora, la Cina è nelle
multinazionali, parlare di imperialismo americano è molto difficile. E per
contro sono caduti molti modelli che si ponevano come paradigma della soluzione
dei problemi sociali: sto parlando ovviamente del mondo socialista. Così molti
dei nostri canti restano come un documento di un’epoca che fu, anche se il
nostro ricordo di Allende rimane molto tenero: nessuno è mai riuscito a calpestare la sua
immagine.
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