Steve Hogarth: At the H’s Pianobar @ Auditorium - 12
09 2015
Report di Donald McHeyre, mini servizio
fotografico di Stefano
Panaro
Articolo già apparso sul portale
Rock by Wild:
E così Steve
Hogarth è
tornato a fare il tastierista, come faceva prima di questi ultimi 20 anni e più
passati con i Marillion, e dopo una più recente carriera solista in
collaborazione anche con l’ex Japan ed ex (?) Porcupine Tree,
anche lui tastierista, Richard Barbieri.
Eppure mi ricordo
ancora nel 1989 tutti i miei amichetti di scuola erano lì a criticarlo: “i
Marillion sono finiti senza Fish”. “Hogarth vale la metà di Fish”.
Io ero l’unico che
lo difendeva: Beh si. Che è la “metà” di Fish sono d’accordo, ma finiti?
Guarda caso a me i Silmarillion hanno cominciato ad interessare sul
serio proprio da quando c’è Steve Hogarth! Si, “Misplaced Childhood”
è un bellissimo album che si erge tra i pochi fari nei desolati anni ’80 … ma per il resto? Una scopiazzata che sa
di parodia involontaria delle pagine migliori dei Genesis pre 1975.
Hogarth (e io) avevamo ragione.
I Marillion
negli anni ’90 sono diventati una band longeva, tenace, capace di cimentarsi in
più generi, rinnovarsi e migliorarsi.
Si, forse dal vivo
sembrano un poco freddini. Ammetto che Hogarth sul palco gode di una minore “apparenza”(volume)
dal punto di vista scenico rispetto a Fish. Per questo ero un poco
preoccupato quando ho saputo che si sarebbe esibito da solo, seduto, con la
tastiera ad altezza ginocchia.
Con un lieve
ritardo sul programma di circa 15 minuti (ma in effetti alle 21.00 esatte c’era
ancora poca gente seduta in sala, poi sono arrivati tutti i ritardatari accolti
dalle espressioni di sollievo di Guido Bellachioma), entra, nero, dimesso e
sorridente, “H”, sul palco della Sala Petrassi che, raccolta ed
elegante, con i suoi rivestimenti in legno e la sua tappezzeria di un bel rosso
accesso è, (cito dal sito dell’Auditorium) ”Il luogo ideale per accogliere
dagli avvenimenti istituzionali e aziendali di alto profilo alle più diverse
iniziative culturali, tecnico-scientifiche e promozionali, fino alle anteprime
e alle rassegne cinematografiche” e anche, aggiungo io, luogo ideale per
questa prima (e unica in Italia) data del suo “H Natural Tour” “natalizio(?)”,
la cui idea di base è di cimentarsi da solo in forma ravvicinata con il
pubblico, attraverso una tastiera, su cui è perennemente seduto, un MAC, e
soprattutto la sua meravigliosa e struggente voce. Chiacchierando tra un brano
e l’altro, lieve e scherzoso, come le sue dita sui tasti, provando a
improvvisare brani a richiesta, scambiando ricordi e commenti con il pubblico
romano (quei pochi in grado di comprendere il suo accento cumbrico del Nord
dell’Inghilterra).
Ammantato da una
scenografia nera e soffusa quanto i suoi folti capelli ancora oggi di un
profondo corvino (che marca di tintura userà?),
“H” sa cosa vuole da lui il suo pubblico! Solo 4 brani “solisti” tutti
dal suo album del 1997, “Ice Cream Genius”, 3 cover (no, “Life on
Mars”, no, e la capiranno solo chi è stato in sala), “Istant Karma”
di Lennon, “Here Comes …. aspetta …. “Here
Comes to Flood", (anche questa verrà capita solo da chi è stato al
concerto), doveroso omaggio a Peter Gabriel, “The Man with the Child
in His Eyes” di Kate Bush, molto ben interpretata tra due strofe e
chorus di “Cover My Eyes” dei Marillion e quindi tanti e tanti
brani del “suo” gruppo (mi dispiace, niente di precedente a “Seasons End”,
quindi niente “du ju remembe”).
“H” va avanti così, da
solo, in intimità con il pubblico, per più di un’ora fino a quando finalmente
salgono gli ottimi componenti della band RanestRane ad accompagnarlo
fino al bis di “Cage”. L’amalgama tra la “star” e la band romana è eccellente,
soprattutto su quei brani (Marillion) nati per essere suonati di gruppo e non
da soli, tant’è che un poco tutti ci siamo detti: si, Hogarth in versione
pianobar è stato grazioso però forse era meglio fare un’ora e mezza con il
gruppo e solo mezz’ora lui da solo, invece che il contrario. Metteteci anche
che ai fotografi autorizzati è stato vietato di lavorare durante l’esibizione
dei RanestRane, di questa parte gloriosa (e breve) del concerto, resterà
per molti solo traccia nelle loro ricordi.
In conclusione l’idea
di “H” per questo tour “intimo” è buona, previo che sia fatto con un
pubblico più “in lingua” e in luoghi più adatti, tipo Pub o Night Club. Magari
con un pianoforte vero … troppo caro?
Faccio doveroso
ringraziamento allo staff dell’Auditorium per avermi concesso di sedermi dove
piaceva a me in una sala con posti numerati.
Setlist
1- The Evening Shadows (H)
2- Fantastic Place (Marillion)
3- Cover My Eyes (Marillion, solo prima strofa e poi …)
4- The Man With The Child In His Eyes (cover Kate Bush, integrale e poi …)
5- Cover My Eyes (Marillion, solo seconda strofa e chorus)
6- Batter Dreams (H)
7- Working Town (How We Live: Hogarth & Colin Woore)
8- Hard As Love (Marillion)
9- Here Comes To Flood (cover Peter Gabriel)
10- Instant Karma (cover John Lennon)
11- You’re Gone (Marillion)
12- Afraid of Sunlight (Marillion)
13- Easter (Marillion)
14- Beyond You (Marillion)
15- The Deep Water (H)
Con i RanestRane
16- Runaway (Marillion)
17- Afraid of Sunrise (Marillion)
18- The Space (Marillion)
19- Out Of This World (Marillion)
20- House (Marillion)
21- Estonia (Marillion)
22- Waiting To Happen (Marillion)
23- Made Again (Marillion)
24- 80 Days (Marillion)
Encore
1- Cage (H)
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