Il 23 gennaio 1973, usciva uno
dei tanti capolavori che abbiamo avuto il privilegio di ascoltare da giovani, “The Six Wives of Henry VII”, di Rick Wakeman.
Di tutto un Pop!
Wazza
(dalla rete- Dino Ruggiero)
The Six Wives of Henry VIII, del 1973
per l’etichetta A&M, è il primo album solista di Richard Christopher “Rick”
Wakeman, se non vogliamo prendere in considerazione quel Piano Vibrations del
1971, in cui il suo contributo è limitato al ruolo di session-man e non di
compositore. Primo disco di una formidabile trilogia ispirata ad
avvenimenti storici e trame romanzesche (ricordiamo le altre due opere
pubblicate dalla stessa etichetta: Journey To The Center Of The Earth, del 1974
e Myths And Legends Of King Arthur del 1975), The Six Wives of Henry VIII è un
concept album interamente strumentale composto da 6 brani che portano il nome
di ciascuna delle sei mogli di Enrico VIII, eroine tragiche segnate dalla sorte
infausta di essere consorti dell’inquieto e difficile secondo monarca della
dinastia Tudor. Rick Wakeman, già tastierista del gruppo britannico Yes,
rilascia questo disco, uno dei migliori prodotti del progressive degli anni
Settanta, in un momento di grande creatività artistica ed è il primo album
strumentale interamente basato sulle tastiere, con la partecipazione di molti
musicisti tra cui i principali componenti delle formazioni più famose degli
Yes: Steve Howe, Bill Bruford, Chris Squire e Alan White. Pianista classico,
Rick Wakeman in quest’opera si esibisce in un vasto repertorio di generi
musicali e contaminazioni di molti stili dal rock progressivo fino alle fughe
sullo stile di Bach eseguite su organo a canne.
The Six Wives of Henry VIII è opera
ambiziosa sin dalla copertina, dove sulla riproduzione di un foglio di carta da
musica senza note si sovrappone un’immagine con le “cere” delle mogli e del
sovrano insieme al musicista imbronciato; sullo sfondo una piccola immagine di
Richard Nixon. La copertina è apribile e all’interno contiene una grande foto
delle tastiere usate dal musicista (l’organo a canne, ovviamente, viene solo
citato); caratteri eleganti per la retrocopertina completano un prodotto di
gran classe. Si avverte in quest’opera una certa predilezione per le
composizioni pianistiche della prima metà dell’Ottocento e per le opere di
Prokof’ev e, sebbene non vi sia eccessiva originalità compositiva, tuttavia
Wakeman riesce a miscelare un gran numero di riferimenti colti, di pregevoli
citazioni, in una solida struttura pop, amalgamando le sue rutilanti tastiere,
quelle più propriamente di sintesi e quelle più tradizionali, in una sezione
ritmica tradizionale di basso e batteria e scommettendo, infine, sull’assenza
del cantato. Un LP simbolo forte di un’epoca, venerato e disprezzato, nel quale
scorre prepotente una grande energia che Wakeman infonde sin dalle prime
battute di Catherine of Aragon.
Il maggiore interesse dell’album
risiede senz’altro nella capacità del musicista di creare dei vividi ritratti
musicali di ciascuna delle sei mogli di re Enrico VIII, ricchi di carattere e
completamente musicali. Non una sola parola, eppure chi ascolta percepisce
immediatamente le molteplici sfumature caratteriali delle singole donne: egli
manipola dettagli sottili, per esempio nelle splendide vernici di Caterina
d’Aragona e Catherine Howard entrambe amorevoli e giocose, eppure la prima
delicata ed arcana, la seconda spontanea e diretta. Piccole differenze per due
brani alla fine radicalmente diversi; stesso discorso per la dura, fredda e
prepotente Jane Seymour, per la misteriosa e caotica Anna di Cleves, oppure per
la gioviale, forte e graziosa Catherine Parr, fino ad arrivare alla monumentale
Anna Bolena che racchiude dentro di sè un po’ di ciascuna: delicata e
misteriosa, gioiosa e dura ad un tempo, esempio squisito di femminilità
tardo-medievale finemente realizzata nelle geniali improvvisazioni del
musicista inglese.
Da un punto di vista strettamente
tecnico la registrazione del disco non è tra le migliori ed anche il suo primo
riversamento su CD lascia molto a desiderare perchè resta il fruscio del vinile
e se ci pensiamo è una cosa davvero intollerabile; nonostante questo comunque
l’album ha venduto oltre sei milioni di copie in tutto il mondo e Wakeman è
considerato uno dei massimi solisti di Minimoog e grande interprete al
Clavinet. Ospite e session man in decine e decine di eventi lo ricordiamo al
fianco di numerosissimi musicisti di varia estrazione tra i quali David Bowie,
Elton John, Cat Stevens, Lou Reed, i Black Sabbath, John Williams, Al Stewart
ed i Brotherhood of Man. Con gli Yes (unendosi a Jon Anderson, Chris Squire,
Bill Bruford e Steve Howe), tuttavia raggiunge la piena maturità prima di
iniziare il suo percorso da solista.
Catherine Of
Aragon
Prima moglie di Enrico VIII, non
riuscì a dare al monarca un erede maschio e l’ansia di averne condusse il
sovrano al divorzio e allo scisma con la chiesa cattolica. Rinchiusa, in umili
condizioni, in Kimbolton Castle, nel Cambridgeshire, morì il 7 gennaio 1536 di
cancro. Il brano è piuttosto complesso con belle armonie di pianoforte; una
lunga intro con Wakeman da solo, poi via via si inseriranno una chitarra
ritmica ed un coro di voci algide ad esprimere solitudine e malinconia. Un
breve inserto di batteria verso la fine e poi tutto sfuma negli ultimi accordi
finali
Anne Of Cleves.
Quarta moglie di Enrico VIII, venne
scelta due anni dopo la morte della terza moglie. Oggi si direbbe che si
sposarono per corrispondenza, poichè lui si decise alle nozze dopo averne visto
solo il ritratto: quando la conobbe tuttavia non gli piacque e divorziarono
senza consumare il matrimonio e la donna dovette ritenersi fortunata a non
essere uccisa ma anzi fu trattata con benevolenza e nominata “sorella del re”.
Brano concitato e veloce con la rocciosa batteria di Alan White, l’organo è
padrone indiscusso della parte iniziale del brano che vede anche molti altri
strumenti nel ricco paesaggio sonoro che lo contraddistingue; breve assolo di
chitarra di Mike Egan verso la metà del brano; riparte il basso ad aprire un
assolo di gran pregio di un Wakeman incredibilmente veloce. Finale disadorno e
un po’ abborracciato.
Catherine Howard
Quinta moglie di Enrico VIII, non
bellissima, piuttosto bassa di statura (definita “parvissima puella”), donna di
origini umili, divenne dama di compagnia di Anna di Cleves perchè era dotata di
classe e portamento raffinato e composto. Sposò a vent’anni un Enrico VIII
ormai cinquantenne e fu naturale che tradisse il marito con un suo ex
spasimante: fu scoperta e arrestata e alla fine del processo decapitata a soli 21
anni, con l’accusa di aver condotto una vita “abominevole, meschina e viziosa”.
Il brano viene introdotto quietamente da un delicato motivo di pianoforte per
poi aprirsi ad un “tutti” possente ed efficace; breve inserto di chitarra
frantumato dal minimoog dell’artista che trova l’ispirazione giusta per un
bell’intermezzo di piano jazzato. Si susseguono frequenti cambi di ritmo e di
velocità, parti allegre e parti malinconiche, fino alla ripresa del breve tema
iniziale prima con il mellotron, preannunciato dal pianoforte, poi nel
finale espresso dal sintetizzatore.
Jane Seymour
Terza moglie di Enrico VIII, il
sovrano la sposò il giorno dopo l’esecuzione di Anna Bolena. Donna forse poco
vistosa ma certamente dotata di buon senso e di grande castità e riservatezza.
Mite, gentile ed intelligente, riuscì a far riappacificare il re con la ua
figlia Maria. Diede alla luce Edoardo, il figlio maschio tanto desideato, ma
morì di setticemia dopo soli 18 mesi di regno, amata dal re e dai sudditi. Brano
eseguito con l’organo a canne della chiesa di St. Giles, a Cripplegate;
atmosfera intensa e maestosa ispirata a Bach e Wakeman conduce tutta la intro
in solitudine, poi si inserisce brevemente la batteria peraltro non essenziale
ai fini del pezzo. La difficoltà della narrazione cresce al pari del volume e
l’artista si esprime in lunghi momenti di virtuosismo con preziosi inserti di
minimoog che crea un effetto straordinario mescolandosi con l’organo.
Esecuzione vibrante sino alla fine.
Anne Boleyn
Seconda moglie di Enrico VIII, donna
cristianamente devota, sensibile ed appassionata, sarà madre di Elisabetta I;
accusata ingiustamente di adulterio sulla base di false testimonianze fu
rinchiusa nella Torre di Londra e decapita nel maggio del 1536 e sepolta in una
fossa senza nome. La intro è tutta di pianoforte a coda accompagnato da un coro
di voci femminili e si intuisce con chiarezza in alcuni passaggi la cultura
mozartiana di Wakeman e una certa predilezione per Chopin, poi il brano si
scatena e l’artista, con un vigore inusitato, improvvisa meravigliosi fraseggi
con suggestivi inserti di minimoog a volte con contrasti stridenti e tuttavia
funzionali al narrato che egli intende portare sulla scena. Vari frammenti di
chitarra, batteria e sintetizzatore in un’atmosfera improvvisamente calma dove
infine il pianoforte si fa delicato; torna il coro femminile nel sottofondo e
Wakeman riprende prima da solo poi con tutti gli strumenti: il brano diventa
trascinante, tutto si incastra alla perfezione, tutto sembra naturale e
grandioso fino al ritorno del tema eseguito da chitarra e batteria e poi dal
piano che si incupisce nella solitudine profonda del narrato personale; ancora
lampi di un coro in estasi e il brano si conclude in un assolo.
Catherine Parr
Sesta ed ultima moglie di Enrico VIII,
anche lei cattolica e tuttavia curiosa della “nuova religione” scaturita dallo
scisma; di grande cultura ed intelligenza riuscì a sopravvivere al sovrano suo
marito e si risposò poi con il suo vero amore Thomas Seymour, fratello della
defunta Jane. Morì di parto nel 1548. Il brano inizia con un attacco di
organo e batteria, segue un assolo straordinario imbastito sul tema
principale. Un coro di voci maschili e femminili cresce piano dalla dissolvenza
degli strumenti e su una batteria che ne sottolinea la solennità; di nuovo un
assolo di pianoforte con basso e chitarra al termine del quale inizia un lungo
frammento rarefatto in cui i volumi sono contenuti, gli strumenti punteggiano
lo spazio senza farsi mai protagonisti e Wakeman rilascia note delicate e
dimesse tornando alle suggestioni di un pianoforte “toccato” con grande finezza
e sensibilità. Si torna, e siamo ormai verso la fine del brano, al tema
principale con belle sovrapposizioni di pianoforte, hammond e minimoog. Finale
davvero incantevole.
Rick Wakeman
Un disco estremamente interessante e
stimolante, che incarna un certo modo “lassicista” di intendere la
musica pop, quel tentativo compiuto da molti, con alterne fortune, di
fondere un patrimonio artistico di oltre centocinquant’anni di storia della
musica con quei fermenti tutti moderni che animavano il rock progressive degli
inizi degli anni Settanta. Poter ancora oggi guardare dentro il caos di note di
Anne di Cleves scoprendone l’ordine surreale che vi domina, oppure ascoltare
ancora una volta la splendida introduzione di Caterina Parr per la quale ancora
oggi non si hanno parole adatte a definire l’estasi intensa di cui è pervasa,
o, infine, la solenne maestosità di Anna Bolena è qualcosa che non ha prezzo.
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