Doveva essere il 19 a Roma e il 20 a
Milano, ma si tenne il 22 gennaio 1973, al Palasport di Roma, il Charisma Festival, nato per promuovere gli artisti
dell'etichetta del "cappellaio matto", come era chiamata all'epoca.
Sul
palco: Genesis - Lindisfarne -
Capability Brown - Peter Hammill (con Dave Jackson).
Nel manifesto pubblicitario non era
riportato Peter Hammill, ma bensì il Balletto di Bronzo, ma la loro esibizione
sfumò all'ultimo minuto.
L'altro concerto si tenne a Reggio
Emilia il 20 gennaio e non a Milano (sotto ci spiega tutto l’amico Paolo
Carnelli).
Wazza
Da quando all’inizio del 1972 i Van der Graaf Generator e i Genesis avevano sfondato in Italia, il boss della Charisma,Tony Stratton Smith, non pensava altro che come proporre anche nel nostro paese la stessa tipologia di spettacolo che tanto successo di pubblico aveva avuto in patria l’anno precedente: in poche parole, Stratton Smith voleva portare in Italia una sorta di Six Bob Tour, la celebre serie di concerti, così chiamata per l’esiguo costo del biglietto fissato a soli sei scellini, che aveva visto protagonisti Van der Graaf Generator, Genesis e Lindsfarne nel gennaio del 1971.
Il progetto, però, era destinato a
rivelarsi di non semplice attuazione: la prima idea, infatti, era quella di
allestire un vero e proprio tour autunnale, ma lo scioglimento improvviso di
due dei gruppi che avrebbero dovuto fare parte della line up (Audience e Van
der Graaf Generator) costrinse la label inglese a rivedere i propri piani.
Finalmente, nell’ottobre del 1972, su Ciao 2001 si ricominciò a parlare di
“Charisma Festival”, sigla con cui veniva ufficialmente denominato
l’appuntamento. Se sul periodo in cui il Festival avrebbe dovuto avere luogo
(gennaio ‘73) sembravano esserci ormai pochi dubbi, risultava invece più
complicato mettere a fuoco sia le date esatte che l’elenco degli artisti che vi
avrebbero preso parte: inizialmente furono infatti annunciati Genesis,
Lindisfarne, Peter Hammill e Capability Brown; in un secondo momento, a questi
nomi sembrarono doversi aggiungere anche gli Spreadeagle e gli String Driven
Thing; poi addirittura il Balletto di Bronzo.
Questa incertezza è confermata dalla
recensione del concerto romano di Marco Ferranti, poi pubblicata su Ciao 2001
numero 6 dell’11 febbraio 1973, in cui in apertura si fa esplicito riferimento
proprio ai numerosi cambi di data e di sede che aveva subito la manifestazione
nel corso dei mesi. Questi cambiamenti portarono tra l’altro allo spostamento
al 22 gennaio della data originariamente prevista per il 19 al Palazzo dello
Sport di Roma, con conseguente impossibilità per Lindisfarne e String Driven
Thing di prendervi parte a causa di altri impegni concertistici, e la scaletta
della serata ridotta ai soli Capability Brown, Peter Hammill & David
Jackson e Genesis. Di Spreadeagle e Balletto di Bronzo invece non c’è nessuna
traccia neanche nella prima delle due serate del Festival a Reggio Emilia il 20
gennaio, data che andava a prendere il posto di quella originariamente prevista
lo stesso giorno al Palalido di Milano. Secondo quanto riportato nella
biografia inglese dei Van der Graaf Generator, The Book, Armando Gallo aveva
provato fino all’ultimo a convincere i Van der Graaf a rimettersi insieme per
le due date del Festival, ma alla fine era riuscito a ottenere solo che con
Hammill sul palco ci fosse anche il fiatista David Jackson.
A Roma il biglietto del concerto costava 1.500 lire per la gradinata e 2.500 per la platea e tribuna numerate. Il pubblico (circa 10 mila unità) accorse numeroso, nonostante un forte nubifragio che quel giorno aveva colpito la Capitale. Dopo che i Capability avevano faticato a incontrare il favore del pubblico, toccò a Peter Hammill tentare di riallacciare il filo troppo presto spezzato che aveva unito la musica dei Van der Graaf Generator e il nostro paese: della performance del cantante inglese, quasi tutti ricordano soprattutto il momento in cui saltò la corrente e Hammill e Jackson continuarono a suonare senza l’ausilio dell’impianto di amplificazione, davanti a un pubblico esterrefatto ma immobile in silenziosa contemplazione.
GENESIS - CIAO 2001 - GENNAIO 1973
Poi arrivarono i Genesis, la cui
performance è descritta da Ferranti come «Un sogno fatto di colori
vertiginosi, linee dolcissime e frammenti violenti, passaggi improvvisi e
mirabolanti, docili canti lontani e crudi avvolgimenti sonori (…) Gabriel forse
è l’unico vero erede di Jagger; è ora volpe rosseggiante sangue, fantasma
argenteo, nero demonio, voce nasale e prepotente, mielosa e ambigua per correre
sul filo che separa sottilmente reale e surreale. E Rutherford fa scorrere
docilmente tutta la sua anima sensibile romantica sul manico della dodici corde
o del suo basso prodigioso, Banks anima con la sua classicità i tasti
dell’organo, dirige con incomparabile maestria il tappeto d’archi del
mellotron; Hackett è il mago che trasforma una chitarra in sintetizzatore;
Collins crea le battute, le inframmezza con il canto divertente, distrugge le
false retoriche con il fischietto. Davanti ai cinque la folla, l’urlo che
diventa boato, il trionfo».
Per i Genesis è un exploit che va a
riscattare le difficoltà che il gruppo continua ad incontrare in patria: “Un
giorno suonammo a Roma davanti a migliaia di fan - ricorda Richard MacPhail,
all’epoca tour manager della band - e al ritorno in Inghilterra ci esibimmo in
un club seminterrato a Petersborough, davanti a 25 persone disinteressate. Il
contrasto era incredibile”.
Paolo Carnelli
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