GLOYW
"My Father Was A Tree"
Commento di Andrea Pintelli
Gloyw, ossia “fulgente” in lingua gallese. Nome perlomeno inusuale per una band, che crea grandi e intense aspettative: Olivier Mellano, compositore e chitarrista, insieme al batterista Régïs Boulard (rilasciarono in duo l’album “One”, col moniker No&Rd) e all’immenso John Greves, bassista, cantante, anch’esso compositore (che credo e spero non abbia bisogno di presentazioni) hanno partorito l’album “My Father Was A Tree”, in uscita il 31 gennaio 2025.
Prodotto e pubblicato dalla stragrande Dark Companion Records di Max Marchini, è un’opera a metà strada tra l’improvvisazione e l’invenzione, fatta di suoni incredibilmente nuovi e idee all’avanguardia, a tratti rivoluzionarie.
Si inizia con “A word/The passing strange”: parlata da Greaves e contrappuntata da stranianti suoni chitarristici di Mellano e dai rintocchi di batteria di Boulard, si apre progressivamente facendo un pieno di ricche gestualità mentali poi gestite al meglio dal basso di Greaves.
Il sogno prosegue con “Un bout de mon coeur”, piena, profonda, penetrante traccia che fa tesoro della carica espressiva di John, la quale non ha perso un grammo delle sue virtù, sebbene non più giovanissimo. Comunque, e sempre, giovane dentro: lo si evince dalla sua voglia di nuovi percorsi sonori che va cercando.
“Kew Rhone is real”, e si cambia registro. Furioso lavoro percussivo, voce rabbiosa, chitarra indiavolata. Non rilassante, ma francamente musica inedita, fiammante, indomabile.
“The sky is blue” si pone dall’altro lato del cielo, dove tutto è placido e, alla lunga, triste, come recita il titolo. Sin dall’andamento opposta alla traccia precedente, risulta magnetica e romantica, ma in lontananza.
“My father was a tree” fa esplodere la follia creativa del terzetto, dove la batteria detta l’andamento pazzoide del brano. Come canzone che dà il titolo all’album, lo rappresenta anche nelle intenzioni degli artisti: non troverete nulla di simile altrove.
“Englyn i’r gal” è sghemba, asimmetrica, prostrante, ma crea dipendenza tant’è singolare.
“Les dernières paroles du poète”, con voce narrante, con passo marziale, con significato fiero, piace pensarla come una sorta di prosecuzione all’arte di Antonin Artaud, ma più drogata.
“John’s blues”: chi pensa di avere assimilato appieno il concetto di musica blues, conviene che si fermi un attimo ad ascoltare quest’evoluzione del suo concetto intrinseco. Un blues malato, ansioso, ma interpretato all’ennesima potenza. Favoloso.
“Working class hero”, già proprio quella di John Lennon, qui scorticata e lasciata nuda nella sua (alta) poetica. Nessun affronto, ma un esempio di come dovrebbe sempre essere una cover: reinterpretata secondo canoni non banali, facendola propria.
“The drunken boat”, ultima e più lunga traccia del lavoro, con i suoi quasi otto minuti fa dell’introspezione la propria immagine. Con cadenza lenta, ammaliante, soffusa, rivoluziona il concetto di “quiete dopo la tempesta”. Noi siamo la nave in hang over, ed è bello anche pensarci come esseri viventi che a volte vogliono e possono lasciarsi andare, siccome non tutta la realtà è lì per piacerci, anzi l’evasione è maestra nell’ammorbidirla.
In sintesi, questo “My father was a tree” ha le potenzialità per essere considerato un disco fratello della novità. Fatelo vostro.
Abbracci diffusi.
Tracklist:
01. A word / The passing strange
02. Un bout de mon coeur
03. Kew Rhone is real
04. The sky is blue
05. My father was a tree
06. Englyn i’r gal
07. Les dernières paroles du poète
08. John’s blues
09. Working class hero
10. The drunken boat
Band members:
Régïs Boulard-drums
John Greaves-bass, voice
Olivier Mellano-guitar
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