Stavo sfogliando una rivista di tecniche di
registrazione inglese alla quale sono abbonato da tempo e la sensazione è stata
ancora una volta di averla già letta; sembra che tutti gli ingegneri di questo
piccolo mondo si siano messi d’accordo per progettare strumenti e software che
invece di stimolare la creatività artistica, con la scusa di democraticizzare
la musica, invece mettano a disposizione strumenti che la musica la fanno da sé.
E’ appena uscita una tastiera che si collega al web
attraverso un ampio display a colori per ‘scaricare’ tutti gli strumenti del
mondo, ovviamente campionati con una qualità eccezionale; la riflessione per me
immediata… invece di cercare un pianista
col quale fare musica me lo scarico dal web: scelgo modello marca suono… tutto
e via.
E’ diventato standard mondiale, un software che intona
tutto in maniera eccezionale e con estrema facilità: posso intonare modulare o
togliere modulazione, cambiare volume e lunghezza di ogni singola nota cantata
da mia zia Abelarda e trasformarla in una cantante da Grammy.
Un batterista può permettersi di suonare dei pezzi di
gomma (pads) e scegliere successivamente non solo i suoni, ma anche il
batterista di fama mondiale che gli piace, oltre che mettere a tempo ogni
‘fill’ automaticamente con la pressione di una paio di tasti sul computer.
Anche i chitarristi hanno a disposizione amplificatori
di tutti i tipi, piccoli, grandi, a valvole o no… quali microfoni di ripresa
usare, la loro posizione rispetto all’ampli e alla stanza e via così.
Qualsiasi appassionato può al giorno d’oggi buttare
giù un provino e farlo suonare come se fosse stato inciso da virtuosi musicisti
negli studi di Abbey Road.
Se a prima vista tutto questo può sembrare una manna
caduta dal cielo, in realtà sta abituando i giovani (e non solo) a servirsi di
questi mezzi affascinanti e potentissimi per accorciare la via verso il
successo, come se far buona musica fosse ne più ne meno come giocare ad un
qualsiasi altro videogioco, come se per fare il pittore e disegnare un’opera
d’arte, bastasse Photoshop.
Non voglio fare l’eterno brontolone, ma qualcuno dovrà
cominciare a ribadire che solo dietro un impegno costante si può sperare di
ottenere dei risultati che possano essere definiti come ‘opere d’arte’; che
suonare uno strumento (bene), cantare (bene), fare musica (buona), è esercizio
non semplice e non frutto di improvvisazione e passatempo; non sostengo neanche
che solo lo studio e la tecnica possono rivelare un talento, ma non può essere
che prendere una Stratocaster (virtuale), collegarla ad un Marshall (virtuale)
e ad una serie di pedali che riproducano il suono preciso di Jimmy Page
(virtuale) possa bastare per sentirsi un chitarrista di calibro internazionale!
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