Sento spesso parlare di Mastering ma credo che per la maggior
parte dei lettori non sia esattamente chiaro di che cosa si intenda. Sarà utile
allora tornare un po’ indietro nel tempo quando l’operazione del Mastering si
chiamava Transfer. Infatti, prima dell’avvento dell’era digitale, il Transfer
era l’operazione in cui un brano, un album veniva trasferito dal nastro finito
e mixato (dal Master appunto) ad un supporto chiamato Lacca cioè un disco
metallico laccato di materiale vinilico su cui una macchina apposita,
attraverso una punta (spesso un diamante) incideva fisicamente i solchi.
Questa operazione è sempre stata molto delicata e difficile
perché bastava un picco di volume in eccesso perché la punta ‘’saltasse’’ un
solco e quindi rendesse inservibile il supporto o, peggio, distruggesse
addirittura la punta stessa.
I vecchi compressori analogici valvolari erano efficaci ma spesso
non abbastanza veloci per ovviare a questo inconveniente; per questa ragione
l’operatore ascoltava ripetutamente il brano da trasferire alla ricerca di
eventuali picchi di volume indesiderati ed eventualmente intervenire per
‘’limitarne’’ l’impatto sulla punta della macchina-transfer. Visivamente aveva
solo la possibilità di osservare i movimenti degli aghi dei VU meters ovvero dei
Pic Meters cioè strumenti i cui aghi memorizzavano i volumi massimi durante
l’ascolto. L’abilità dell’operatore consisteva proprio nel massimizzare il
volume in funzione del brano da trasferire.
Oggi. Nell’era digitale,
il Mastering ha cambiato di fatto la sua funzione e il suo significato, I
Pc regnano sovrani anche nella musica e tutto apparentemente è molto più
semplice e controllabile.
Sullo schermo del computer infatti si può analizzare l’ampiezza
dell’onda e addirittura la sua forma ed intervenire eventualmente per evitare
overloads o distorsioni digitali che, a differenza dell’analogico quando una
sana distorsione del nastro rendeva il suono generale più accattivante, non è
ammissibile in quanto suonerebbe come una vera e propria pernacchia.
Esistono oggi programmi anche economici che consentono ‘a
tutti’ di masterizzare la propria musica prima di riversarla su un CD ma (ed è
questa la ragione di queste righe) oggi si pensa che il Mastering sia
quell’operazione che serve ad aumentare dinamica, pressione e volume al
massimo.
Legittimi i tentativi che ognuno può fare a casa propria per migliorare la propria
musica, credo valga la pena sottolineare come il Mastering possa fare la
differenza tra un prodotto amatoriale ed uno professionale. Innanzitutto nel
Mastering non c’è nulla di scontato tranne le capacità ‘’uditive’’
dell’operatore professionale. Nel Mastering si opererà su frequenze, limiting
ecc con valori del tutto risibili rispetto alla fase di Mixaggio: sto parlando
di valori in un range che va da 0,5db ad un massimo di 2,0db cioè valori che la
maggior parte di noi non è in grado di discriminare in fase di ascolto;
altrettanto importante è l’ambiente in cui il Mastering viene fatto: non una
camera anecoica ma qualcosa di molto simile. Gabbie sonore, pannelli e
materiali appositamente studiati per quello specifico ambiente che controllano
sia la dispersione che la riflessione. Altrettanto importante ovviamente è la coppia di casse, di ascolti
come si dice in gergo, che devono avere una definizione a dir poco eccezionale
che hanno costi molto rilevanti (fino a 50/70.000 euro la coppia).
Lo strumento più importante però non è in vendita ed è
costituito dalle orecchie del Mastering Engineer e dalla sua esperienza. La
prima cosa che cercherà è la ‘’Clarity’’ cioè la trasparenza del suono in tutti
i mezzi di riproduzione possibili, dal misero ascolto auricolari/Mp3 al sistemi
giganteschi di una discoteca passando dall’autoradio, dalle cuffie, e dagli
impianti HI-Fi più evoluti.
Questo è il vero senso del Mastering oggi: dimenticati i
problemi di dinamica che oggi è a livelli impensabili anche nei mezzi di
ascolto più poveri, è la capacità di intervenire su specifiche frequenze che
con il loro risuonare, coprono, mascherano la sonorità generale del brano; è
una operazione assolutamente di carattere tecnico, molto fine, per niente
emozionante, dove la nostra musica è passata ai raggi X senza pompaggi inutili
che i musicisti-compositori usano per enfatizzare, emozionare nei vari passaggi
di un brano.
Tutte queste operazioni vengono fatte con apparecchiature
assolutamente analogiche esoteriche e costosissime anche se il prezzo non è
assolutamente il primo problema da affrontare; indovinare la frequenza in
eccesso o povera durante l’ascolto di un brano è un lavoro difficilissimo che
richiede anni di esperienza ammesso che si abbiano le capacità mentali e
strutturali, ancor più difficile se si considera che il volume di ascolto è
sempre molto basso rispetto al volume cui è abituato ad ascoltare un musicista.
Per finire aggiungo che oggi, per fortuna, il costo di una
seduta Mastering, in uno dei pochi studi attrezzati, si è notevolmente
abbassato e questo rende possibile a tutti di accedere ai benefici che questo
tipo di operazione può offrire migliorando sensibilmente la qualità finale
dell’ascolto.
Paolo Siani
Nessun commento:
Posta un commento